Intervento di Francesco D’Ausilio al 4° Congresso dei Democratici di Sinistra di Roma

Intervento di Francesco D’Ausilio segr. della Tredicesima Unione al 4° Congresso dei Democratici di Sinistra di Roma (bozza non corretta)

Care compagne, cari compagni,
molti in questi giorni, hanno sostenuto che il congresso che stiamo celebrando ha una propria centralità. E’ un’affermazione che condivido.
Innanzitutto perché anche da qui, è necessario che esca in modo chiaro un messaggio che parli oltre di noi; ovvero un’iniziativa forte e autorevole per imprimere un salto di qualità nel progetto che abbiamo posto al centro della nostra discussione congressuale: “lavorare per unire e per rinnovare la politica”. 
Su questo piano – io credo – abbiamo molto da dire.
Con il nostro congresso si inaugura una nuova fase politica.
Finiti i se e i ma. Conclusasi l’esigenza di “prender partito”, cioè di dire se l’approdo di una nuova forza si condivide o meno. Ora c’è l’Italia. Dal governo e dentro la società italiana.
L’esito congressuale ci consegna due sfide.
La prima. Far concorrere tutte le articolazioni dei DS al percorso costituente del PD. Non si tratta semplicemente della gestione unitaria del partito. Certamente importante e per alcuni versi auspicabile. Bensì della necessità di portare in quel processo tutto il mondo e “il vocabolario” – scusate la dico così –  che fa riferimento ai DS: ceti e segmenti sociali di riferimento, mondi e esperienze.
In altre parole il nostro radicamento politico. Cioè la forza che siamo. I nostri iscritti, i 250.000 mila che hanno dibattuto e partecipato  nel congresso, le speranze di milioni di cittadini e cittadine che rappresentiamo.
Questo – io credo – sia il modo di valorizzare e marcare, senza presunzione di autosufficienza, un nostro apporto specifico.
E’ in gioco l’autonomia culturale che la sinistra porterà nel progetto del PD.
Tanto più dovremo promuovere questa nuova fase politica con intelligenza. Alimentando e dando “massa critica” nel processo costituente alle discriminanti culturali del campo di forze a cui con orgoglio apparteniamo.
Il congresso ci restituisce la fotografia di un partito tutt’altro che stanco o scettico. Un partito in larga sintonia con le energie culturali e sociali da rendere protagoniste nella società italiana con l’obiettivo della fondazione del PD.
A Roma in questi anni abbiamo sperimentato con successo la ricchezza del processo unitario. Coerentemente, anche nel corso della campagna congressuale, abbiamo imposto una scelta di campo.
Il richiamo ad un processo costituente all’insegna dell’unità, dell’allargamento e dell’apertura all’esterno. Con questa linea abbiamo già promosso il coinvolgimento e l’interesse di formazioni e aree politiche, del mondo del lavoro (e il risultato congressuale nelle sezioni aziendali lo fotografa chiaramente) e del tessuto associativo della nostra città.
Tutte forze e realtà che esprimono una domanda matura di partecipazione a questo processo politico.
Io credo che abbiamo reso evidente la possibilità di lavorare all’idea di PD che tutti o in gran parte vorremmo.
La seconda sfida che abbiamo innanzi deve innanzitutto scongiurare un rischio che emerge con nettezza: cioè l’idea di una fase costituente condotta per pezzi, per componenti o per accordi stipulati all’interno dei partiti. Ovvero l’idea di un partito nuovo centrato su logiche vecchie e in fondo escludenti.
E’ in gioco la qualità dell’operazione politica che vogliamo promuovere.
Dobbiamo misurarci con un processo costituente vero, in cui impegnare tutte le forze nel tentativo di contribuire a definire l’identità politica e la struttura democratica del partito nuovo.
L’ho abbiamo affermato più volte: la scelta di caricarci sulle nostre spalle  questo compito immane in fondo ci riassegna anche come DS, una funzione e una centralità politica che dobbiamo saper valorizzare in modo intelligente.
Per questa ragione dal nostro congresso si deve imprimere un accelerazione sull’iniziativa politica verso il PD su vari fronti.
Il primo.
L’ha detto bene ieri Fassino.
Dobbiamo renderci promotori da subito della fondazione a Roma di una vasta e capillare rete di comitati di base del PD, avviando una campagna di pre-iscrizione al partito. Dobbiamo raccogliere le energie e le disponibilità già manifestate, e andare oltre, coinvolgendo pienamente chi non ha cittadinanza politica e guarda al processo costituente con interesse e attenzione.
Il secondo.
E’ urgente, attraverso il PD l’avvio del rilancio del centrosinistra per promuovere l’unità della coalizione su un terreno più avanzato e marcare con maggior nettezza il profilo d’innovazione e riforma di cui dobbiamo essere portatori a tutti i livelli, tanto a livello nazionale quanto a Roma.
Questo – a mio avviso –  è un tema dirimente che si intreccia con le difficoltà di alcune amministrazioni in cui governiamo, penso alla Regione Lazio in particolare ma anche ai Municipi di Roma, dove ad esempio, nonostante la presenza dei gruppi unitari, l’iniziativa unitaria è troppo povera e ancora inadeguata
Vi sono poi questioni di natura varia, su cui è urgente una maturità e un’assunzione di responsabilità comune. Non solo sull’urbanistica. Che troppo spesso è al centro dei nostri pensieri.
Quanto, a titolo d’esempio al tema dei rifiuti e dunque alla modernizzazione ecologica ma anche all’estensione dei diritti civili in ambito anche amministrativo, penso all’ introduzione del registro delle unioni civili nella nostra città su cui a mio avviso c’è una sottovalutazione se non una ipocrisia. Che mi auguro venga presto rimossa con coraggio e coerenza.
Il terzo fronte.
Il PD a Roma, sin dalla sua fase costituente, apre scenari e spazi d’iniziativa nuovi.
Avere l’ambizione di promuovere e guidare il processo costituente a Roma non può voler dire riproporre semplicemente ciò che siamo, pur in presenza di una lunga stagione di successi politici e elettorali.
Quanti pensano che il PD a Roma sia solo una continuazione di un certo modo di fare politica, a mio avviso sbagliano. Questo progetto avrà successo anche nella nostra città se sarà vissuto – e se dunque anche noi lo vivremo – come un fatto nuovo.
E soprattutto come un atto di coraggio.
Anche a Roma ci sono manifestazioni di crisi della politica organizzata che devono indurci ad una profonda riflessione.
Ci sono domande e aspettative sempre più complesse ed esigenti che si levano nella nostra città.
Ci sono gli effetti delle trasformazioni produttive, sociali e culturali che le nostre politiche hanno determinato.
Ci sono i poteri e gli strumenti di governo della città che necessitano di una riarticolazione.
Ci sono nuovi livelli di democrazia e partecipazione da assicurare e su cui scommettere.
Ci sono nuove regole da introdurre senza timore e livelli di meritocrazia da riconoscere con maggiore nettezza. Nuovi diritti e interessi collettivi da mettere al centro.
Anche a Roma l’avversario del PD è il populismo. Quella brutta roba che corre sotto la pelle del nostro Paese. Su cui anche la destra romana di Alemanno torna a scommettere.
Per queste ragioni dobbiamo fare presto e bene il PD.
Bisogna aprire per alcuni versi una pagina nuova e impegnarsi nello sforzo di elaborare nuove analisi e nuove idee. Parole nuove per nominare anche la società romana.
Scommettere nuovamente sull’innovazione democratica,  per dare nuova linfa alla città e alla democrazia romana
A Roma questo lavoro è già molto avanzato. In questi anni, abbiamo unito forze e unificato elettorati che si riconoscono nel medesimo spirito pubblico: “lo spirito unitario, i buoni progetti, le cose da fare e la qualità delle persone”.
Tuttavia dobbiamo essere coscienti che sarà un compito arduo e che tutto ciò che abbiamo messo in campo spesso non sarà sufficiente o adeguato.
Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che abbiamo intrapreso una strada diversa.
Perché questo è il modo per rendere più forte questa nostra innovazione.
Il successo del nuovo partito sarà frutto di un balzo in avanti più che di un compimento. E capire che la forza di questo progetto sarà anche nel prendere atto che una classe dirigente non può condurre con la stessa forza e credibilità stagioni diverse.
E che la sfida è accompagnare questo processo nella consapevolezza che toccherà ad altri proseguire il percorso.
Io personalmente sono molto fiero che lo “storico” gruppo dirigente dell’85 della Federazione di Roma, che ha moltissimi meriti nella vicenda di questi anni, fra tutti quello di aver aperto nella nostra città un ciclo di governo così lungo e positivo, abbia compreso che la discontinuità  è una questione politica prima che generazionale e che il tema non è esclusivamente “largo ai giovani”.
Quanto il cimento di una battaglia politica.
Il nuovo gruppo dirigente del Partito di Roma si forgerà e si misurerà proprio sulla riuscita o meno, di questo progetto.
Contribuire a promuovere la fondazione del PD a Roma, ricollocando al meglio la nostra idea di partito, le nostre idee, e la nostra storia.
Sono certo che il lavoro di Mario, insieme ad un largo e autorevole gruppo dirigente, sarà all’altezza di questo compito. E che per la qualità dei risultati raggiunti e della partecipazione attivata, potrà definirsi la felice esperienza politica di una generazione.

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enrico berlinguer

 

 

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