Archivio per 18 aprile 2007

In viaggio per il congresso. Verso un partito che parla al futuro

Giovanni Casaletto, segretario Sg Basilicata

Perché uno come me, 25enne, dovrebbe aderire con convinzione al Partito Democratico? Perché dovrebbe un 18enne? Dove sta il punto di incontro tra un partito nascente e la generazione presente? Una generazione precaria, incerta, inquieta in altri tempi avrebbe risolto tutto (o ci avrebbe provato) con rivoluzioni culturali; una generazione senza nome avrebbe “urlato vendetta” (come avrebbe detto Guccini) correndo su una “locomotiva lanciata a bomba contro l’ingiustizia”. Col supporto di grandi ideologie era tutto più definito, le soluzioni più decise, immediate. Quelle ideologie incontravano bene i sentimenti di una società abituata a pensare per blocchi sociali, per categorie. Scaturivano grandi fenomeni di massa. I giovani erano impazienti, i partiti un po’ meno ma i due si incontravano lo stesso, più di ora. I giovani cercano anche oggi visibilità, chiedono “vendette”, ma mancano ambienti che offrano loro integrazione e identità, che prospettino soluzioni collettive. E allora si è visibili altrove, integrati in silenzio, con Youtube, Messanger o Grande Fratello, sui muri metropolitani, od anche in periferia per emulazione, in cui sono incomprese forse dagli stessi autori le scritte inneggianti al Duce o Che Guevara (un altro secolo). Secondo Demos-Repubblica i giovani tra i 15-24 anni si sentono più legati, in ordine, alla città, poi all’Italia, poi ancora alla squadra di calcio ed infine alla chiesa ed alla politica (la categoria professionale è assente in quanto fluida oltre che precaria e di passaggio). Eppure questa è la stessa generazione, sono gli stessi studenti che si mobilitano sui temi di grande rilievo, la pace, l’ambiente, che partecipano al volontariato ma non alla politica, che la frequentano ma non lo sanno. La politica dal canto suo parla a sé stessa, anzi canta, recita e produce leader più o meno capaci di bucare lo schermo, quanto basta per arrivare in senato. Partiti al 2% o poco più che rivendicano un passato, altri lo vivificano con orgoglio parlando a gruppi territoriali che hanno già un posto al sole, e citano nomi di 30, 50 anni orsono. Ma il futuro? Distanti dunque da una modernità liquida, inquieta, fatta di individui. Un partito, si sa, nasce per rappresentare interessi, risolvere problemi, dare voce a delle esigenze, governare. Un partito fa tutto ciò supportato dai contenuti, da passioni, da grandi obiettivi. Altrimenti perché un 19enne come Felice, tesserato da soli 11 mesi, dovrebbe farsi 4 ore e mezzo di treno per partecipare all’ultimo Congresso dei Ds di Basilicata? È quindi un problema di metodo e di obiettivi. Il Pd dovrà essere il partito dei giovani, capace di incontrarli individualmente e metterli in comunicazione, dare contenuto alle relazioni di un mondo interdipendente, in cui è facile essere consumatori più difficile essere cittadini. Ma bisogna uscire dall’autoreferenzialità, a cui spesso la politica indulge, e da prese di posizione così insistenti quanto distanti da essi. La società odierna produce altre e più pressanti disuguaglianze, schiacciata tra una borghesia finanziaria e della conoscenza sempre più sottile ed un’area della povertà sempre più estesa. Non più capitale e lavoro. È tempo di colmare le distanze, liberare meriti e talenti, ascoltare gli esclusi e farli partecipare, reinventare così il ruolo dell’Italia. Metodo ed obiettivi. Qui sta il punto di incontro. È difficile crederlo, ma è qui la sfida: all’impazienza di una generazione la pazienza della politica, che proprio per questo si fa più difficile!

(fonte: http://www.mozionefassino.it)


 




enrico berlinguer

 

 

aprile: 2007
L M M G V S D
 1
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
30